La risalita delle piste da sci da parte degli scialpinisiti.

Brevi note circa la risalita delle piste da sci da parte degli scialpinisti per l’evento formativo della Camera Civile del Piemonte e della Valle d’Aosta del 21.10.2021 dal titolo:

LA RESPONSABILITÀ CIVILE E PENALE

NELL’ACCOMPAGNAMENTO IN MONTAGNA

(Avv. Mauro Manassero)

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L’argomento relativo alla risalita delle piste da sci da parte degli scialpinisti non comporta particolari difficoltà di individuazione delle norme e di interpretazione delle medesime, poiché chiaro ne è il contenuto.

Piuttosto, in base alla mia esperienza personale, mi risulta che molti scialpinisti non siano al corrente delle norme stesse e, dall’altro canto, pare che i gestori degli impianti non siano normalmente propensi a pretenderne il rispetto, sia per le difficoltà oggettive e materiali, sia per il timore di attriti con gli sportivi e sia perché, non essendo pubblici ufficiali, non sono titolari dei poteri necessari per contestare le violazioni.

Il principio generale, che era già presente nella precedente L. n. 363/2003 e che è stato confermato nel novello Decreto legislativo n. 40 del 28.02.2021, è che agli scialpinisti (così come ai ciaspolatori, pedoni, slitte e slittini, motoslitte, etc.) è fatto divieto assoluto di risalire le piste da sci.

Quando sono aperte, perché si verrebbe a creare l’evidente pericolo di scontro tra gli sciatori discesisti e coloro che risalgono le piste; quando sono chiuse, perché in tale circostanza gli addetti della stazione provvedono ad intervenire per le manutenzioni necessarie a chiusura impianti e per predisporre le piste (battitura) per la giornata successiva – a tutti gli effetti, quando le piste sono chiuse sono infatti dei “cantieri”.

Tali norme sono spesso violate, e, infatti, sono frequenti i casi di incidenti, anche gravissimi se non addirittura letali, occorsi a scialpinisti soprattutto ad impianti chiusi in conseguenza di impatti contro mezzi battipista o contro cavi d’acciaio utilizzati per l’ancoraggio dei medesimi.

Le norme che contengono il divieto, che sono in vigore dal 3 aprile 2021, sono:

Art. 24. Transito e risalita

1. E’ vietato percorrere a piedi e con le racchette da neve le piste da sci, salvo in casi di urgente necessità.

2. Chi discende la pista senza sci deve tenersi ai bordi delle piste, rispettando quanto previsto all’articolo 25, comma 3.

3. In occasione di gare o sedute di allenamento è vietato a coloro che non partecipano alle stesse di sorpassare i limiti segnalati, sostare sulla pista di gara o di allenamento e di percorrerla.

4. La risalita della pista con gli sci ai piedi e l’utilizzo delle racchette da neve, o con qualsiasi altro mezzo, sono normalmente vietati. Le risalite possono essere ammesse previa autorizzazione del gestore dell’area sciabile attrezzata o, in mancanza di tale autorizzazione, in casi di urgente necessità, e devono comunque avvenire mantenendosi il più possibile vicini alla palinatura che delimita la pista, avendo cura di evitare rischi per la sicurezza degli sciatori e rispettando le prescrizioni di cui al presente decreto, nonché quelle adottate dal gestore dell’area sciabile attrezzata.

… è poi molto interessante il quarto comma dello

Art. 26. Sci fuori pista, sci-alpinismo

e attività escursionistiche.

1. Il concessionario e il gestore degli impianti di risalita non sono responsabili degli incidenti che possono verificarsi nei percorsi fuori pista serviti dagli impianti medesimi.

2. I soggetti che praticano lo sci-alpinismo o lo sci fuoripista o le attività escursionistiche in particolari ambienti innevati, anche mediante le racchette da neve, laddove, per le condizioni nivometeorologiche, sussistano rischi di valanghe, devono munirsi di appositi sistemi elettronici di segnalazione e ricerca, pala e sonda da neve, per garantire un idoneo intervento di soccorso.

3. I gestori espongono quotidianamente i bollettini delle valanghe redatti dai competenti organi dandone massima visibilità.

4. Il gestore dell’area sciabile attrezzata, qualora le condizioni generali di innevamento e ambientali lo consentano, può destinare degli specifici percorsi per la fase di risalita nella pratica dello sci alpinismo.

La previsione contenuta in questo comma rappresenta un’evidente disponibilità delle associazioni di gestori (ANEF e FEDERFUNI) che, al fine di soddisfare anche le esigenze degli sportivi (non loro clienti), si sono rese disponibili a predisporre tali percorsi di risalita ove l’innevamento lo consenta.

In ogni caso, comunque, tutti i soggetti, fatta eccezione per gli sciatori discesisti dotati di skipass, dovrebbero astenersi dal percorrere le piste da sci e, ripeto, sia quando sono aperte e sia quando sono chiuse

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Quando il sinistro capita all’estero.

Lo sci è una delle principali occasioni di attività ludico sportiva tra quelle che sono praticate in modo turistico ed è’ ormai normale che uno sciatore italiano frequenti le piste di località sciistiche estere. Inoltre, molte sono le stazioni che condividono un “confine sciistico” con stazioni site nei paesi confinanti. Lo sviluppo che il turismo sciistico ha vissuto nell’ultimo ventennio ha però portato con sé l’ovvia conseguenza di ipotesi di sinistri in terra straniera, e ciò comporta gravi complicazioni sia per quanto riguarda i rapporti assicurativi, sia per altri aspetti dei quali, non sempre, ci si cura nell’analisi immediata, ma che si rivelano determinanti nell’accertamento delle responsabilità, del diritto al risarcimento e della sua quantificazione.

Nel recentissimo caso di una sciatrice italiana, che nel 2014 si procurò delle lesioni nello scendere da una seggiovia in Francia, l’infortunata ha intrapreso una singolare azione giudiziale invocando, per l’accertamento dell’eventuale responsabilità della stazione sciistica, l’applicazione della legislazione italiana speciale destinata ai gestori degli impianti. Tale scelta è stata determinata dal fatto che le norme italiane sono assai più severe di quelle francesi e, a seconda della legge applicata, la sciatrice avrebbe avuto diritto ad un risarcimento, nel primo caso, o non vi avrebbe avuto diritto, nel secondo. Quindi, l’individuazione della legge applicabile al caso e l’identificazione del Tribunale competente a celebrare il processo si sono rivelati aspetti decisivi per poter accertare l’esistenza e la misura del danno.

La prima applicazione al mondo dello sci della competenza del Tribunale di residenza dell’infortunato nell’ambito di un sinistro avvenuto all’interno del confine nazionale, è stata oggetto di una sentenza emessa nel 2011 dal Tribunale di Napoli che, per la prima volta, ha riconosciuto allo sciatore infortunato la tutela propria del consumatore ed ha applicato la regola per la quale, nel confronto tra il consumatore ed il professionista, il processo debba svolgersi presso il Tribunale del luogo ove il primo è residente; ciò, ovviamente, per eliminare ostacoli e costi che l’infortunato affronterebbe se il processo dovesse svolgersi presso il Tribunale del luogo ove è accaduto l’infortunio, che può esser anche molto distante dalla residenza dello sciatore.

La norma applicata dal Giudice di Napoli, che è contenuta nell’art. 66 bis del Decreto Legislativo 6 settembre 2005 n. 206 (“Codice del Consumatore”), costituisce tuttavia attuazione all’interno dei confini nazionali del medesimo principio previsto in sede europea.

Quindi, la sciatrice della quale si parlava all’inizio dell’articolo, ha invocato l’applicazione della norma europea al suo caso e, in base al trattato UE denominato “Roma I”, approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio d’Europa nel 2008, ha citato in giudizio il gestore della stazione sciistica francese nel Tribunale della città italiana ove ella è residente.

In base al Regolamento UE, infatti, il soggetto che svolga un attività non a scopo professionale (ad esempio, uno sciatore che pratica l’attività per sport) per la quale concluda un contratto con un soggetto che, invece, svolga tale attività professionalmente (ad esempio, il contratto di skipass con la stazione sciistica), gode di una protezione speciale, poiché si trova in posizione di “debolezza” contrattuale ed economica rispetto alla sua controparte.

In tal modo, la nostra sciatrice infortunata ha potuto intraprendere il processo nella sua città di residenza chiedendo, inoltre, l’applicazione al caso specifico delle norme italiane, sia per quanto riguarda la responsabilità del gestore, sia per quanto la garanzia di protezione che il gestore della stazione deve apprestare per i suoi clienti secondo le norme nazionali, ed anche per quanto riguarda le tabelle utilizzate per la parametrazione economica dei punti di invalidità derivati dal sinistro.

Il Tribunale di Torino, con sentenza dell’agosto 2018, ha per la prima volta applicato questi principi ad un sinistro internazionale occorso ad una sciatrice torinese che si era infortunata nel corso di una giornata sciistica in una stazione francese.

In applicazione delle richiamate norme il processo, in sede civile ed al solo fine risarcitorio, si è svolto presso il Tribunale di Torino, secondo la giurisdizione italiana, presso il Tribunale del luogo ove la sciatrice era residente, con applicazione delle norme italiane alla stazione sciistica francese.

Poniamo ora l’ipotesi inversa rispetto alle precedenti, ovvero quella in cui uno sciatore straniero sia vittima di un infortunio sulle piste o sugli impianti di una stazione italiana, le norme sopra richiamate dovranno esser applicate nel senso inverso, ovvero, mentre secondo la prassi fino ad oggi in uso, lo straniero potrebbe chiamare in giudizio la stazione sciistica innanzi al Giudice italiano e, quindi, ricevere per il risarcimento civilistico le tutele proprie dell’ordinamento italiano benché l’infortunato provenga in realtà da una nazione altra e diversa dall’Italia, sulla base di queste nuove applicazioni ed interpretazioni della legislazione europea, il processo civile dovrebbe essere celebrato presso il Tribunale della città dalla quale lo straniero proviene, con applicazione delle leggi dello stato al quale egli appartiene.

Un problema sorge, tuttavia, nel rapporto con la responsabilità penale, poiché la legge processuale prevede che, per i processi relativi ad eventi dai quali siano derivate lesioni o morte, sia competente il Giudice del luogo ove è accaduto il fatto lesivo. Quindi, per quanto concerne la responsabilità penale non è neppure ipotizzabile il trasferimento all’estero del giudizio, ma considerato che, nella maggior parte dei casi, la liquidazione del danno in sede penale si limita a somme provvisionali, con necessità per il danneggiato di instaurare un successivo giudizio in sede civile per ottenere il completo risarcimento, ne deriva che in questa seconda fase la stazione sciistica potrebbe invocare, al fine della determinazione del danno in sede civilistica, la giurisdizione dello stato dal quale lo sciatore infortunato proviene e l’applicazione delle leggi di quello stato.

A ben vedere, quindi, in questo caso gli sciatori e le stazioni sciistiche italiane, ponendosi in confronto a livello europeo sotto l’aspetto della responsabilità internazionale, traggono vantaggio dalla severità della legislazione italiana destinata alla protezione ed alla sicurezza degli sciatori e, per questi aspetti, si rivelano assai più tutelati rispetto agli altri europei; ma i due casi esposti, quello della sciatrice e quello della sentenza del Tribunale di Napoli, sono solo i primi sintomi della necessità sempre più evidente di un diritto europeo della neve, che regoli in maniera uniforme le responsabilità derivanti dalla pratica sportiva, quantomeno, negli stati che condividono i “confini sciistici” posti sui versanti dell’arco alpino.

Non tutti i pali vanno abbattuti. Il sinistro sciistico da impatto contro ostacoli.

Il sinistro da impatto contro ostacoli rappresenta una delle più frequenti cause di lesioni a sciatori e l’accertamento della responsabilità, anche ai fini assicurativi, comporta la considerazione di più principi che lasciano, comunque, all’interprete un margine di discrezionalità che consente di adeguare la previsione normativa al caso concreto. Le norme che intervengono nel caso degli impatti sono contenute, in via generale, nella L. 363/2003 e, in via particolare, nelle singole leggi regionali. In questa sede, dato il carattere generalista, saranno analizzate le norme nazionali.

La prima disposizione che ci interessa è l’art. 3, che così stabilisce “I gestori assicurano agli utenti la pratica delle attività sportive e ricreative in condizioni di sicurezza, provvedendo alla messa in sicurezza delle piste secondo quanto stabilito dalle regioni. I gestori hanno l’obbligo di proteggere gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste mediante l’utilizzo di adeguate protezioni degli stessi e segnalazioni della situazione di pericolo”. La Legge è quindi chiara nell’attribuire al gestore l’obbligo di adottare le misure necessarie affinché gli ostacoli, naturali o artificiali, presenti sulle piste da sci non costituiscano fonte di pericolo per gli sciatori; cautele che, ovviamente, consistono nell’apposizione di materassi e nell’utilizzo di materiali in grado di attutire, o escludere, gli impatti contro manufatti (sistemi di innevamento, pali, etc), oppure nella rimozione di quegli ostacoli che non siano suscettibili di protezione o non siano funzionali all’attività (rocce, tronchi, etc), oppure, in via residuale, nella predisposizione di segnaletiche che avvisino della presenza dell’ostacolo. Corollario a questa norma è la successiva disposizione prevista all’art. 4, che fissa in capo al gestore la responsabilità civile per i danni che possano derivare agli sciatori qualora le piste non presentino le condizioni di sicurezza.

Tuttavia, questi principi devono essere contemperati con l’ulteriore obbligo dei fruitori delle piste di adottare, a loro volta, le cautele opportune così da non esser essi stessi causa del proprio danno e, quindi, il Legislatore ha stabilito, all’art. 9, che “gli sciatori devono tenere una condotta che, in relazione alle caratteristiche della pista e alla situazione ambientale, non costituisca pericolo per l’incolumità altrui” e che “la velocità deve essere particolarmente moderata nei tratti a visuale non libera, in prossimità di fabbricati od ostacoli, negli incroci, nelle biforcazioni, in caso di nebbia, di foschia, di scarsa visibilità o di affollamento, nelle strettoie e in presenza di principianti”.

Quindi, nel caso di un impatto contro un ostacolo, saranno valutati sia le caratteristiche della pista e dell’ostacolo, sia gli adempimenti posti in essere dal gestore al fine di proteggere l’utente, e sia la condotta tenuta dallo sciatore e, in particolare, la sua velocità.

La giurisprudenza è ricca di casi nei quali i Giudici hanno correttamente ed attentamente applicato questi principi e, a seconda del risultato delle indagini, hanno attribuito talvolta al gestore e talvolta allo sciatore, la responsabilità del sinistro.

Per fare alcuni esempi, nel 2013 la Corte di Cassazione ha stabilito che perché si possa configurare una responsabilità del gestore è necessario che l’infortunato dimostri “l’esistenza di condizioni di pericolo che rendano esigibile, sulla base della diligenza richiesta, la protezione da possibili incidenti”; dall’altro lato, che il gestore dimostri “la possibilità in cui l’utente si sia trovato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo”. Sulla scorta di questi due principi, la Corte ha escluso la responsabilità del gestore a causa della “non sussistenza della situazione di pericolo stante la larghezza della pista, la mancanza di curve, la visibilità, la mancanza di pendenza verso l’esterno, oltre che la condotta colposa del danneggiato identificata nella eccessiva velocità” che aveva condotto lo sciatore ad impattare contro una staccionata che delimitava la pista da una retrostante scarpata, procurandosi gravissimi danni.

In un altro caso, il Tribunale ha invece ritenuto responsabile il gestore della pista per l’impatto subito da uno sciatore contro un palo di legno, di circa cm. 20 di diametro e sporgente dalla neve di due metri, che era stato collocato a tre metri dal bordo della pista. In questo caso, il Giudice, benché la fila di pali avesse la funzione di segnalare il tracciato ai battipista, ha comunque ritenuto responsabile il gestore perché, considerato che la pista era di grado difficile (pista nera), molto pendente, e sita a considerevole altitudine, avrebbe dovuto prevedere la possibilità della caduta degli sciatori ed il loro scivolare fino ad oltre il margine della pista, con conseguente possibilità ed inevitabilità dell’impatto. Avrebbe, quindi, dovuto proteggere l’ostacolo con i regolari materassi. In un altro caso, il Tribunale ha condannato il gestore per i danni subiti da una sciatrice che era rovinosamente caduta, con produzione di gravi lesioni, per aver impattato contro una roccia di circa cm. 20 di diametro e sporgente per cm. 15 dal manto nevoso; infatti, secondo l’implicito dovere di costante controllo delle condizioni della pista, il gestore avrebbe dovuto tempestivamente e prontamente intervenire per segnalare e, successivamente, rimuovere l’ostacolo così da escludere la fonte di pericolo per gli sciatori.

Infine, v’è l’ipotesi intermedia, cioè quella in cui vi sia corresponsabilità per il sinistro. Il Tribunale ha ritenuto che uno snowborder, avventuratosi nel fuori pista a cinque metri dal bordo e caduto andando a cozzare contro dei blocchi di cemento seminascosti nella neve nei pressi di una casetta, abbia concorso nella misura dell’80 % alla produzione del danno subito, perché i blocchi erano al di fuori della pista, perché era scarsamente prevedibile, da parte del gestore, che uno sciatore si avventurasse in quella direzione, e perché lo snowborder si era volontariamente diretto nel fuoripista; tuttavia, ha condannato il gestore, manlevato dall’assicurazione, al risarcimento del 20 % del danno, perché l’aver collocato in quella posizione i blocchi aveva comunque colposamente aggravato il pericolo connesso alla fuoriuscita dalla pista, che avrebbe potuto accadere anche in modo accidentale. In definitiva, ogni sciatore è consapevole dei rischi impliciti nell’attività sciistica, occorre quindi prestare attenzione a non aggravarli con comportamenti eccessivamente arditi.

L’origine del “decalogo dello sciatore”.

Molti sciatori sono a conoscenza delle norme comportamentali che sono previste negli art. da 8 a 19 della L. n. 363/03. Tuttavia, non molti sono quelli che conoscono della loro origine e questo articolo ha lo scopo di ripercorrere la storia delle regole a far data dalla loro prima ipotesi e per giungere fino alle attuali previsioni normative. Infatti, in alcune edizioni esse erano corredate di estese spiegazioni per la loro interpretazione; mentre le attuali norme di legge, come tali, sono sintetiche. Gli originari chiarimenti, però, sono ancora utili al fine di consentire la corretta interpretazione da parte dei soggetti che devono curarne il rispetto e, quindi, dei Giudici, dei maestri di sci, dei responsabili degli sci club, e di tutti coloro che desiderano praticare lo sci con coscienza.

Le attuali norme traggono origine dal “Decalogo dello sciatore” che è assai diffuso e che è stato pubblicato in numerosissimi siti.

La prima stesura del Decalogo fu su iniziativa della sezione di La Spezia del Panathlon International, associazione con finalità etiche e culturali che si propone di diffondere i valori dello sport, e fu adottato nel settembre 1963 e proposto a 16 stazioni sciistiche delle Alpi. Si trattò quindi di un diritto “che nasce dal basso”, nel senso che, anziché essere imposto da un organo legislativo al fine di disciplinare un aspetto della vita sociale, fu il prodotto di una spontanea autoregolamentazione resa necessaria dalla crescente diffusione della pratica sportiva.

Tale iniziale stesura fu approvata nell’aprile del ’67 dal comitato giuridico della FIS riunito a Parigi, e poi adottato, il 19 maggio dello stesso anno, dall’assemblea generale FIS di Beirut.

Il decalogo iniziale fu aggiornato nel Congresso di Famagosta del ’73, integrato nel 1990 e, infine, la stesura definitiva intervenne al congresso di Portorose nel 2002.

Nel 2003, il nostro legislatore ha adottato molte di queste regole nella compilazione degli articoli da 8 a 19 della L.363 ma, come sopra ho detto, la FIS era andata oltre, ed aveva provveduto alla redazione dei chiarimenti necessari per correttamente interpretare le regole del decalogo.

Quindi, in questa sede, appare opportuno integrare la conoscenza delle norme di legge con i chiarimenti delle regole FIS che furono edite a Famagosta nel 1973.

La prima regola (“regola 0”) stabilisce che la pratica dello sci comporta l’assunzione di rischi e di responsabilità, sia civili che penali, che possono essere escluse solo nell’ipotesi che lo sportivo rispetti le regole comportamentali. La regola n. 1, fissa l’importantissimo, ma spesso dimenticato, principio per il quale ogni sciatore deve avere rispetto degli altri e deve, quindi, comportarsi in modo da non essere fonte di pericolo. Le regola n. 2, stabilisce che ogni sciatore deve tenere una velocità ed un comportamento adeguati alla propria capacità ed alle condizioni generali della pista. Inoltre, nelle note del 1973, gli estensori specificarono che su una pista ripida (nera, rossa) è normale che vi siano buoni sciatori e che le velocità siano generalmente alte; mentre è normale che su una pista facile (verde, blu) si incontrino sciatori alle prime armi e, quindi, la velocità deve essere moderata. Particolare interesse suscita, poi, l’ulteriore specificazione che il dovere di prudenza e l’osservanza delle regole diventano categorici per gli sciatori che “creano intralcio alla circolazione procedendo lentamente su una pista veloce, o veloci su una pista lenta”.

Per quanto riguarda la scelta della direzione, regola n. 3, ferma restando la “priorità” dello sciatore che si trova a valle, risulta tuttavia che tale preferenza sia comunque subordinata alle traiettorie ed alle “evoluzioni normalmente prevedibili” poiché se è ben vero che lo sci è uno sport particolarmente adatto per compiere evoluzioni, è altrettanto vero che esse devono essere compiute non già secondo un criterio di assoluta ed illimitata libertà, ma sempre nel rispetto delle regole di condotta, che impongono cautela e prudenza in proporzione al tipo di pista, alla qualità della neve, alla visibilità, all’affollamento.

Per quanto riguarda il sorpasso, regola n. 4, esso va compiuto da qualsiasi parte, destra o sinistra, a monte o a valle, ma deve essere sempre ad una distanza tale da non costituire pericolo per lo sciatore sorpassato.

La regola n. 5 fissa il comportamento da tenere negli incroci e al momento delle ripartenze; infatti, è necessario che chi si immette o riparte verifichi sempre di non intralciare il percorso di altri sciatori che provengano da monte.

Particolare riguardo è dedicato alle soste, poiché la regola n. 6 dice chiaramente che lo sciatore “deve evitare di fermarsi, se non in caso di assoluta necessità, sulle piste e in specie nei passaggi obbligati o senza visibilità” e, in caso di caduta, “deve sgomberare la pista al più presto possibile”; infatti, il trattenersi in sosta su una pista crea una situazione di intralcio alla circolazione. Quindi, la sosta deve essere effettuata a bordo pista, e non certo nel centro, o sotto un cambio di pendenza. Assai importante è l’ultimo paragrafo, ove è stabilito che, sul piano giuridico, la sosta rappresenta un fatto imprevedibile se effettuata in punti ove la visibilità è ridotta o compromessa (curve, dossi, cambi di pendenza) poiché le stesse traiettorie dello sciatore che giunga da monte, benché nel rispetto delle regole, potrebbero costituire fonte di pericolo per lo sciatore che si sia fermato ove non si deve.

Le successive regole, la n. 7 e la n. 8, riguardano la risalita delle piste, vietata dall’art. 15 della L. 363 (fatta salva l’ipotesi che sia espressamente autorizzata dal gestore degli impianti) ed il rispetto della segnaletica; non rivestono quindi elementi tali da richiedere un’analisi specifica.

Mentre assai importanti sono le ultime due, la n. 9 e la n. 10, perché riguardano il caso di incidenti. Ordunque, la prima stabilisce un generale obbligo di prestare aiuto agli infortunati, trasposto nell’art. 14 della L. 363, che punisce gravemente l’omissione di soccorso; la seconda fissa l’obbligo di identificazione di chi è coinvolto in un sinistro o di chi ne sia testimone. Infatti, nella nota a chiarimento, l’estensore fu assai esplicito nello stabilire che la relazione dei testimoni è di grande importanza per l’accertamento delle responsabilità, e che risponde ad un dovere, civile e morale di persona cosciente dei propri doveri, quello di rendersi disponibile per descrivere l’evento al quale si è assistito.

Terminata l’analisi dei chiarimenti FIS, risulta che, in effetti, non vi sia principio che non risponda ad un generale buon senso, e che le regole corrispondano, né più e né meno, a ciò che ci si aspetterebbe da una persona cosciente e consapevole. Tuttavia, coloro che frequentano assiduamente le piste sono consci che, ormai, ci si imbatte sempre più spesso in comportamenti che lasciano seriamente dubitare delle capacità intellettive di coloro che li tengono; penso ad improvvisati insegnanti familiari che portano piccoli bambini su piste nere, o che snodano serpentoni, formati da due o tre figli e dalla moglie, attraversando la pista da un bordo all’altro, senza curarsi minimamente del pericolo che con tale comportamento determinano prima ancora per i propri cari che per gli altri sciatori. O ancora, alle file di sciatori e snowborder che sostano, come passeri sul cavo elettrico, subito sotto un cambio di pendenza, o dietro una curva. Purtroppo son proprio questi comportamenti, contrari sia alla legge che alle regole FIS, che nella maggior parte dei casi causano infortuni e che impegnano i Tribunali per anni.

Quindi, ben venga il corretto accertamento delle responsabilità quando vi sia un infortunio, ma sarebbe ancor meglio se, rispettando tutti le regole, quello sciatore non si fosse fatto male, ed avesse felicemente concluso una bella giornata di sci.

Noleggio sci da discesa e responsabilità.

Negli ultimi anni, l’attività di noleggio delle attrezzature sciistiche, sia per singole giornate o per più lunghi periodi, ha largamente superato, quanto a numeri, quella di vendita. L’espansione commerciale di tale tipo di attività ha reso sempre più frequente l’ipotesi di sinistri occorsi a sciatori nell’utilizzo di sci e scarponi noleggiati, con l’inevitabile conseguenza dell’insorgere della necessità di approfonditamente analizzare il regime di responsabilità al quale i noleggiatori sono sottoposti, e quali siano i corrispondente diritti ed obblighi degli sciatori.

Questo articolo si propone, quindi, di offrire al lettore un’informazione di massima, e senza pretesa d’esaustività, circa gli aspetti ai quali sia l’utente, che il noleggiatore, devono prestare particolare attenzione.

In via generale, sotto l’aspetto strettamente giuridico, il contratto di noleggio è contratto “atipico” poiché non è espressamente regolato dal Codice Civile e la sua disciplina è generalmente mutuata dalle norme dettate per la locazione di beni mobili, alla quale il noleggio è assai prossimo.

L’esecuzione del contratto prevede che una parte (il noleggiatore) metta a disposizione e conferisca in godimento un determinato bene mobile ad un’altra parte (il noleggiante), e quest’ultima se ne può servire per un periodo di tempo determinato, verso il pagamento di un corrispettivo, con l’obbligazione di restituire il bene al termine del periodo di tempo pattuito per l’utilizzo.

Sul noleggiatore e sul noleggiante incombono degli obblighi che derivano dalla stipula del contratto e, in via generale e per osservare solo ciò che qui è di interesse, il noleggiatore deve consegnare al noleggiante il bene in buono stato di manutenzione, funzionante, idoneo ad essere utilizzato per l’uso convenuto (c.c. art. 1575 – 1578). Il noleggiante, invece, è tenuto a servirsi del bene esclusivamente per l’uso convenuto, deve conservarlo con la diligenza del “buon padre di famiglia”, deve restituire il bene al termine del periodo di noleggio nelle medesime condizioni in cui lo ricevette e deve, ovviamente, pagare il corrispettivo concordato (c.c. art. 1587).

Visti in via generale, i rispettivi doveri, ed i corrispondenti diritti dell’altra parte, risultano assai semplici da comprendere, ma il discorso cambia ove alcuni di essi siano analizzati nel particolare. Infatti, mentre è intuitivo cosa si intenda per “consegnare il bene”, “buono stato di manutenzione”, “conservare diligentemente”, “pagare il corrispettivo”, assai più arduo è invece intuire cosa si intenda per “idoneità all’uso convenuto”.

Per quanto concerne l’uso, è ovvio che si tratti dello sci da discesa e, pertanto, lo sci deve essere dotato delle caratteristiche fisiche necessarie affinché possa essere utilizzato in sicurezza a tale scopo e, quindi, la soletta deve essere ben mantenuta e sciolinata, le lamine affilate e assolutamente prive di ruggine, la misura dell’asta deve essere proporzionata alle caratteristiche dell’utente, ed il tipo di sci deve o corrispondere alle espresse richieste dell’utente, oppure esser dal noleggiatore consigliato a seguito di specifica richiesta del cliente (va da sé che uno sciatore esperto saprà quale sci desidera noleggiare, mentre uno sciatore principiante avrà necessità d’esser consigliato dal negoziante circa lo sci da utilizzare per le sue prime esperienze).

Gli aspetti fin qui visti non esauriscono, tuttavia, il concetto di “idoneità” che, infatti, deve essere applicato anche agli attacchi presenti sullo sci e che, oltre ad essere in buone condizioni di manutenzione, dovranno anche essere correttamente regolati.

Questo è l’aspetto più rilevante: la valutazione dell’idoneità non concerne solamente le condizioni materiali del bene (dal difetto delle quali può discendere la responsabilità del noleggiatore: vedasi ad esempio la sentenza 20.03.2014 con la quale il Tribunale di Trento ha condannato il noleggiatore per la rottura dell’attacco), bensì riguardano anche gli aspetti di diritto che disciplinano il bene e, nel caso della regolazione degli attacchi, interviene la norma ISO 11088.

Il sistema di regolazione degli attacchi è standardizzato e comune a tutte le marche ed è il prodotto dello studio della più autorevole organizzazione mondiale per lo studio e per la redazione delle norme tecniche, l’ISO (International Standard Organization), che, sulla base degli approfonditi studi di esperti del settore sci e di medici specialisti, ha compilato ed emanato la norma tecnica destinata proprio allo scopo di fissare i criteri standard di regolazione degli attacchi sciistici al fine della prevenzione degli infortuni agli arti inferiori.

In particolare, la norma tecnica in esame fa riferimento ai seguenti parametri propri dello sciatore: età; capacità sciistica (principiante/intermedio/esperto); altezza; peso; lunghezza della suola dello scarpone.

Quindi è onere del noleggiatore, affinché il bene che lui consegna (sci) al fine dell’utilizzo convenuto (discesa) sia idoneo a tale scopo, provvedere alla perfetta regolazione dell’attacco in esecuzione della norma ISO 11088.

L’aspetto in questione è di centrale rilevanza poiché riguarda la gran parte delle ipotesi di responsabilità dei noleggiatori che occupano le aule dei tribunali e gli uffici delle assicurazioni.

Senz’altro la categoria dei professionisti che si dedicano all’attività di noleggio è assai attenta all’aspetto oggetto di questo articolo e la regolazione degli attacchi è presumibile che sia quasi sempre corretta e conforme alla norma, ma può non si può escludere aprioristicamente che l’operazione materiale della regolazione non sia stata posta in essere dal noleggiatore in persona, ma che sia stata demandata, ad esempio, ad un commesso dipendente stagionale, magari ignaro della norma ISO 11088. Ebbene, in questo caso, laddove il cliente dovesse infortunarsi nel corso della giornata sciistica a causa del difetto di regolazione degli attacchi, e risultasse da esame tecnico che questi erano stati effettivamente regolati in maniera difforme rispetto a quanto stabilito nella norma ISO 11088, allora il noleggiatore dovrà rispondere dei danni, fisici e patrimoniali, riportati dall’utente ed una simile ipotesi potrebbe assorbire l’intero guadagno della stagione.

Senz’altro, alcuni accorgimenti pratici possono porre il noleggiatore al riparo dagli inconvenienti e così il compilare e far sottoscrivere una scheda con i dati del cliente ed i suoi parametri (età; capacità sciistica; altezza; peso; lunghezza della suola dello scarpone) e verificare, prima della consegna degli sci, che la regolazione degli attacchi corrisponda a quanto previsto nella tabella della norma ISO 11088, sono minime attività che consentono, tuttavia, di escludere quasi del tutto le ipotesi di responsabilità.

Il rapporto d’intervento dei soccorritori nei sinistri sciistici

La fase istruttoria dei processi che hanno ad oggetto l’accertamento delle responsabilità nei casi di incidenti sciistici è determinante. L’argomento è assai rilevante perché la disponibilità e l’assunzione delle prove è spesso difficoltosa; infatti, i procedimenti giudiziari conseguenti ai sinistri sciistici scontano assai spesso l’ostacolo relativo alla prova dei fatti e delle circostanze nelle quali si è verificato l’incidente.

Le prove necessarie per la ricostruzione dei fatti possono consistere in testimonianze, fotografie, filmati e, in particolare, può essere determinante il rapporto d’intervento dei soccorritori. Infatti, la loro relazione può avere grande rilevanza perché contiene informazioni che consentono al giudice, ed ai difensori, di considerare provati gli aspetti ivi descritti, esonerando così l’infortunato da offrire la prova, spesso assai ardua, delle circostanze del sinistro.

Ai sensi dell’art. 358 Codice Penale, il soccorritore è soggetto privato incaricato di pubblico servizio; l’Ordinamento attribuisce tale qualifica a coloro che, pur al di fuori di qualsiasi vincolo con l’autorità o con la pubblica amministrazione, prestano un pubblico servizio in favore della collettività. Infatti, il Legislatore, secondo l’orientamento della Cassazione (sent. 6687/97), intende il concetto di “pubblico servizio” in senso oggettivo e non strettamente connesso con il rapporto di dipendenza da un ente pubblico e considera primariamente la natura pubblicistica dell’attività svolta dal volontario che, infatti, agisce nell’interesse della collettività.

Tale condizione non parifica i soccorritori ai pubblici ufficiali, poiché questi hanno ulteriori poteri autoritativi e certificativi che i soccorritori non hanno e, per esempio, il soccorritore può chiedere all’infortunato, alle persone coinvolte nel sinistro ed ai testimoni, le generalità e l’esibizione dei documenti d’identità, ma non può pretenderne la consegna.

Per lo stesso motivo, il verbale d’intervento non può essere oggetto di querela di falso, poiché non si tratta né di atto pubblico, e né di scrittura privata autenticata, bensì di mera dichiarazione di scienza, seppur assistita dalla particolare competenza del soccorritore.

Quindi, sotto l’aspetto giuridico, le informazioni esposte dal soccorritore nel verbale d’intervento assumono il valore di dichiarazione di conoscenza di un determinato evento e, pertanto, acquisiscono natura esclusivamente testimoniale; quindi, il soccorritore potrebbe eventualmente esser chiamato a testimoniare solo per confermare quanto relazionato nel documento.

Ai sensi dell’art. 2697 Cod. Civ., “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento” e, di contro, “chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”; quindi, per poter ottenere il risarcimento del danno in sede giudiziale, al soggetto danneggiato corre l’obbligo di fornire al Giudice la prova dei fatti che, secondo la sua prospettazione, hanno concorso a determinare l’evento e che determinano la responsabilità di colui il cui comportamento si assume esserne stata la causa.

Risulta quindi evidente l’importanza del rapporto d’intervento nel processo, poiché tutto ciò che il soccorritore avrà verbalizzato potrà esonerare l’infortunato dal procurarsi ed offrire l’ulteriore prova.

Queste premesse mettono in evidenza l’esigenza che il verbale d’intervento sia compilato con la massima precisione e, per quanto qui ci interessa, che sia curata in particolare la verbalizzazione di alcuni dati: data e ora, generalità dei soccorritori, dei testimoni, dei soggetti firmatari per il caso di infortunato minorenne, presenza dell’assicurazione, del casco, condizioni meteo.

In particolare, se appare ovvia l’importanza dell’annotazione della data e dell’ora e dei dati dei soccorritori, non bisogna scordare che ancor più rilevante è l’esatta indicazione degli eventuali testimoni, poiché il soccorritore normalmente non assiste all’evento, ma giunge successivamente. E’, quindi, importante che siano indicati i nominativi ed i recapiti di tutti i testimoni possibili. Infatti, è prassi nel processo afferire maggior rilevanza alle dichiarazioni testimoniali quanto più esse sono numerose, precise e concordanti sugli eventi.

Anche le condizioni meteo possono assumere grande rilevanza nell’accertamento della responsabilità e della colpa nei sinistri; basti pensare all’ipotesi dello scontro tra sciatori nell’intersezione tra due piste in presenza di nebbie o nevicate, che ostacolino la visibilità.

Infine, occorre porre attenzione sulle sottoscrizioni da apporre in calce al rapportino d’intervento nel caso di infortunati minorenni. Infatti, nel caso che non siano presenti i genitori del giovane sinistrato, grava sugli accompagnatori del medesimo (maestri, istruttori, allenatori) un onere di vigilanza e controllo destinato proprio ad evitare che il giovane compia azioni pericolose od avventate e, nel caso, possono derivare gravi responsabilità di carattere sia civilistico che penalistico; sarà, quindi, opportuno accertarsi delle generalità di colui al quale i genitori abbiano affidato il minore, specificando, inoltre, se si tratti di maestro di sci, amico di famiglia o congiunto. Infatti, nella prima ipotesi, trattandosi di attività retribuita e svolta da operatore professionale del settore, più gravi saranno gli oneri di vigilanza e controllo.

Infine, un cenno alle note in calce al rapporto: è assai utile che il verbalizzante annoti tutti quegli ulteriori elementi che gli possano risultare esser stati rilevanti nel fatto, poiché ogni singolo aspetto può aver concorso a determinare l’evento. Per esempio, si pensi al caso di uno scontro tra sciatori in un tratto di pista nel quale siano in funzione gli impianti di innevamento che, “sparando”, diminuiscano la visibilità ostacolando così la possibilità per lo sciatore di avvedersi della traiettoria di un altro sciatore. In tale ipotesi, l’annotazione della circostanza consentirà di meglio valutare le responsabilità degli sciatori coinvolti nel sinistro.

In definitiva, le ipotesi in cui si può incorrere in un sinistro sono tali e tante che è impossibile prevedere una casistica; per questo motivo, è importante lo scrupolo del verbalizzante che, con le sue indicazioni, può rendere più agevole e preciso il lavoro del Giudice e, nel caso che le prove così acquisite siano precise, chiare e concordanti, può persino escludere la necessità del processo che, infatti, è destinato a chiarire gli eventi e le responsabilità solo quando questi non non risultino sufficientemente chiari dai documenti disponibili.