Conto corrente condominiale: la richiesta diretta del condomino all’istituto bancario per la copia della rendicontazione periodica

di Mauro Manassero – Avvocato in Torino

In esito alla novella L. 220/2012, l’Arbitro Bancario Finanziario ha reso plurime pronunce sul diritto del singolo condomino ad ottenere la copia della rendicontazione periodica del conto corrente condominiale mediante istanza diretta all’Istituto. Per effetto della nuova formulazione dell’art. 1129 c.c. e della sua entrata in vigore, gli arbitri finanziari hanno mutato il precedente indirizzo, che ammetteva la richiesta diretta, optando per la diversa soluzione dell’istanza mediata dall’amministratore in via preventiva, o addirittura in via esclusiva. Tale scelta, tuttavia, appare non conforme al diritto ed alla ratio della novella.

LA NOVELLA

L’art. 9, comma 1, della L. 220/2012, ha profondamente innovato il previgente art. 1129 c.c. ed il legislatore ha inserito, tra le varie novità, il settimo comma, che recepisce il già consolidato indirizzo di legittimità per il quale la gestione condominiale deve essere improntata al più ampio criterio di trasparenza: “L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica”.

La parte che qui ci interessa è quella inserita nell’ultimo periodo della prefata norma e che prevede il diritto del singolo condomino ad ottenere copia della rendicontazione periodica relativa al conto corrente intestato all’ente di gestione.

Secondo il tenore letterale, ciascun partecipante può rivolgersi all’amministratore per aver copia del documento in questione e la ratio deve essere riconosciuta nel superiore interesse alla trasparenza nella gestione condominiale e nel correlato diritto del singolo condomino di verificare che l’amministratore, nella gestione degli incassi e dei pagamenti eseguiti per conto dell’ente di gestione, rispetti il rigoroso obbligo di transito di ogni somma, sia per posta attiva che posta passiva, sul conto comune. L’esercizio del controllo si estende financo alla verifica della tempestività dei versamenti dei singoli condomini concorrenti, alla eventuale sussistenza di morosità, ed a tutti quegli ulteriori aspetti che possono essere ricavati dall’esame dell’estratto di conto corrente.

La prima parte della norma imperativa, invece, fissa il correlato principio per il quale diviene tassativamente esclusa la facoltà di ogni forma di pagamento che non risulti dalla rendicontazione bancaria e il corrispondente imperativo di versamento sul conto corrente comune di ogni somma incassata, anche per l’ipotesi che i ratei siano pagati dai singoli condomini per somme contanti che, quindi, dovrebbero essere materialmente versate dall’amministratore sul conto corrente.

La complementarietà delle due disposizioni in analisi è destinata, nella loro coordinazione, ad attuare il principio di trasparenza della gestione nella forma più diretta e completa mediante la codificazione del diritto/potere di controllo degli amministrati circa ogni aspetto della gestione finanziaria, ed il Legislatore ne ha fissato il solido principio sia con riferimento ai rapporti tra l’ente ed i terzi fornitori, sia con riferimento ai rapporti tra l’ente ed ogni singolo condomino.

Nonostante l’apparente semplicità e chiarezza del principio contenuto nell’articolo in esame, la sua applicazione ha, tuttavia, determinato la necessità di plurime pronunce ADR con riferimento a quanto dalla norma non espressamente disciplinato, vale dire l’ulteriore ipotesi che il singolo condomino, anziché all’amministratore, si rivolga direttamente all’istituto presso il quale è acceso il conto corrente per chiedere la copia della rendicontazione periodica.

L’argomento non è di secondo rilievo ed il difetto dell’espressa previsione normativa sul punto rende necessario procedere per via ermeneutica al fine di comprendere se la scelta operata dal Legislatore abbia implicitamente presupposto l’accesso immediato, oppure se abbia inteso limitare il diritto del condomino alla forma che preveda l’esclusiva, o la preventiva, istanza all’amministratore.

Prima facie, pare che l’esclusione dell’esercizio diretto costituirebbe un ingiustificato limite nell’accesso al diritto che, invece, nella sua attuazione successiva risulta della massima ampiezza, giungendo financo alla facoltà di controllare ogni singola movimentazione del conto, sia in entrata che in uscita, sia che riguardi singoli condomini, sia terzi estranei all’ente, quali sono i fornitori, con ciò determinando un’ingiustificata soluzione di continuità nell’attuazione del principio al quale la riforma è stata integralmente improntata. Infatti, eventuali aspetti di privacy soccombono rispetto al superiore interesse della trasparenza nella gestione condominiale, come più innanzi meglio affrontato.

Inoltre, nell’ottica della previsione delle ipotesi destinate ad esser regolate dalla norma in esame, l’esclusione dell’istanza diretta comprimerebbe la libertà dell’esercizio del diritto, poiché non può escludersi l’ipotesi per la quale l’esigenza della verifica contabile sia sorta nel singolo condomino per effetto del venire meno del rapporto di fiducia con l’amministratore dello stabile e, data la generale attenzione alle spese determinata dalla congiuntura economica, ben può immaginarsi quante siano le occasioni nelle quali il cittadino, nell’anelito al risparmio ed alla legalità, si risolva a detto controllo rivolgendosi direttamente all’istituto bancario o postale, vuoi per non render nota la verifica all’amministratore, vuoi perché abbia motivo di dubitare dell’autenticità delle copie degli estratti conto consegnategli dall’amministratore, vuoi per altre particolari plurime ipotesi variabili da caso a caso.

LE PRONUNCE DELL’ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO

Allo stato, nell’ipotesi che un condomino rivolga la propria istanza direttamente all’istituto bancario e che quest’ultimo non l’accolga e non gli rilasci la copia della rendicontazione del conto corrente condominiale, il primo avrà la facoltà di reagire al diniego mediante il ricorso alla pronuncia dell’Arbitro Bancario Finanziario; infatti, la reintroduzione dell’istituto della Mediazione obbligatoria ante causam ad opera del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla L. n. 98/2013, ha ripristinato la possibilità di soddisfare la condizione di procedibilità mediante il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario in alternativa al procedimento di conciliazione o di mediazione.

Ordunque, plurime sono state le occasioni di pronuncia dell’ABF in fattispecie nelle quali l’istituto aveva reietto l’istanza del condomino, ed assai rilevante è la circostanza per la quale in esito all’introduzione della novella nel diritto condominiale, l’Arbitro abbia mutato il proprio indirizzo negando il diritto del condomino, prima riconosciuto, ad ottenere direttamente dall’intermediario la copia della rendicontazione, con ciò aderendo alla teoria interpretativa restrittiva, per la quale è previsto solo l’esercizio mediato del diritto.

In particolare, ricordato che la novella disciplina del Condominio entrò in vigore il 18 giugno 2013, il percorso delle decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario, che fino ad allora aveva costantemente riconosciuto il diritto dell’accesso immediato1, è radicalmente mutato e, per effetto dell’avvenuta introduzione del settimo comma dell’art. 1129 c.c., le successive pronunce hanno ristretto l’ampiezza del diritto del condomino limitando l’accesso alla documentazione bancaria alla sua forma mediata2.

In verità, il solo Collegio di Roma, pur successivamente alla novella, si è discostato dal nuovo indirizzo e, in data 3 luglio 2014, con la decisione n. 4208, ha riaffermato il diritto all’accesso immediato, pur prevedendo la necessità delle preventiva istanza all’amministratore.

La teoria primigenia trovava fondamento nel consolidato indirizzo giurisprudenziale per il quale “configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l’esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l’amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti, esclusivi e comuni, inerenti all’edificio condominiale”3.

Da tale principio, in applicazione delle norme sul mandato e sulla rappresentanza, consegue che, non solo per indirizzo giurisprudenziale ma per espressa previsione, ogni singolo partecipante è titolare pro quota di ogni posizione giuridica afferente al Condominio, che, quale ente di gestione caratterizzato dalla qualità di mandante/rappresentato, ma nel difetto della personalità giuridica e della separatezza patrimoniale, è null’altro che l’unità costituita dalla somma dei plurimi parziali partecipanti.

Infatti, la conferma di questa evoluzione nel diritto condominiale, risiede nel principio per il quale le obbligazioni verso i terzi contratte dall’amministratore sono direttamente riferibili ai singoli condomini, che ne rispondono direttamente pro quota, fatta salva la residuale ipotesi della solidarietà passiva prevista dall’art. 63 disp. att. c.c. al secondo comma (“I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”).

Né sarebbe utile ad escludere il diritto all’accesso immediato opporre il richiamo alle norme sulla privatezza, poiché la contitolarità virtuale del rapporto bancario appartenente ai singoli condomini, alla quale corrisponde la spendita del nome del Condominio al solo fine della stipula pur nella consapevolezza che a detta identificazione non corrisponde una persona giuridica, e che al potere di disposizione attribuito al solo amministratore non corrisponde alcun titolo di proprietà sulle somme giacenti, poiché egli solo costituisce la persona fisica alla quale il rapporto è riferibile ai fini gestionali, rende evidente che le movimentazioni oggetto del rapporto di conto corrente, e quindi esposte nella rendicontazione periodica, non concernono aspetti altri e diversi da quelli della gestione dell’ente, sui quali ogni partecipante ha pieno diritto d’informativa. Tant’è che il principio espressamente codificato dal Legislatore sancisce il diritto d’averne la copia.

La tesi restrittiva, che si è sviluppata in esito all’entrata in vigore della novella, ha opposto tuttavia l’interpretazione per la quale il settimo comma dell’art. 1129 c.c. “ha espressamente riconosciuto il diritto di ogni singolo condomino a prendere visione ed estrarre copia della rendicontazione periodica della banca, precisando tuttavia al contempo che detto diritto non può essere esercitato direttamente, bensì solo attraverso l’amministratore” senza, peraltro, chiarire l’origine e la ratio di detta limitazione, né dedurne il percorso logico giuridico che giustificherebbe la compressione del diritto del condomino all’informativa.

COMMENTO CRITICO

In definitiva, quindi, l’opzione di adesione alla teoria estensiva o a quella restrittiva sconta la preventiva scelta di considerare tacitamente presupposta l’esistenza del diritto all’accesso immediato, oppure che questo sia implicitamente escluso dalla locuzione utilizzata dall’estensore della novella (“per tramite dell’amministratore”), alla quale attribuire l’ulteriore significato inteso dagli interpreti (“detto diritto non può essere esercitato direttamente, bensì solo attraverso l’amministratore”).

Ordunque, secondo le regole ermeneutiche (art. 12 delle preleggi), la comprensione del testo normativo non può prescindere da una duplice analisi, quella del tenore letterale e quella dell’intenzione del legislatore.

Per quanto riguarda la prima delle due vie d’indagine, senz’altro l’assenza nel testo di un avverbio limitativo che espressamente escluda ogni altra via d’acquisizione dei documenti bancari (ad esempio, “solo per tramite dell’amministratore”) non depone a favore della teoria restrittiva, né l’interprete può ritenersi autorizzato ad introdurre una normativamente imprevista limitazione del diritto all’ottenimento della copia della rendicontazione.

Sempre con riferimento al dato testuale, appare anche opportuno considerare l’innovazione che ha caratterizzato la norma all’interno della quale il comma in esame è inserito. Infatti, prima della riforma, l’art. 1129 recava il titolo “nomina e revoca dell’amministratore” mentre la novella del 2012 ha introdotto l’ulteriore contenuto obbligatorio (“nomina, revoca e obblighi dell’amministratore”).

Il corpo della norma destinata a tale innovativo contenuto è, infatti, stato elevato dai primordiali 4 commi alla attuale composizione in 16 commi, che prevedono e disciplinano espressamente le obbligazioni alle quali è tenuto l’amministratore nell’esecuzione del mandato di amministrazione, financo pena la revoca. Mentre alcuna parte della disposizione in esame è destinata alla disciplina dei diritti e dei doveri dei singoli condomini.

Ditalché, anche sotto l’aspetto sistematico, appare fragile l’ipotesi per la quale il legislatore avrebbe sottinteso l’esclusione del diritto del condomino alla copia su istanza diretta all’istituto, con conseguente limitazione alla sola ipotesi dell’ottenimento mediato, inserendo tacitamente la relativa disciplina nel corpo di una norma organicamente coordinata con altri e diversi argomenti, quale quella in esame, che è invece integralmente e nominativamente destinata alla elencazione, da considerarsi tassativa, delle obbligazioni gravanti sull’amministratore in virtù del rapporto di mandato.

Inoltre, considerata la diretta riferibilità ai singoli condomini pro quota del rapporto di conto corrente, così come per gli altri rapporti contrattuali stipulati dall’amministratore nell’interesse dell’ente di gestione, e la conseguente applicabilità ad essi del disposto dell’art. 119 T.U.B. sulle comunicazioni periodiche alla clientela, il collegamento sistematico della teoria restrittiva appare ancor più distante.

Tali argomenti, inoltre, si sommano a quelli già compresi nella linea interpretativa primigenia.

Ad ulteriore conferma, successivamente all’entrata in vigore della novella, il Garante della Privacy ha chiarito, con la newsletter n. 387 del 23 aprile 2014, che ogni singolo condomino è titolare di una posizione giuridica che gli consente l’accesso integrale alle informazioni circa le movimentazioni del conto corrente comune, nonché il diritto all’estrazione di copia senza limitazione alcuna; con ciò escludendo l’ipotesi esclusiva dell’accesso mediato.

LA POSIZIONE DELL’ABF SEDE DEL CENTRO ITALIA

Tuttavia, come accennato all’inizio di questo articolo, i Collegi di Milano e di Napoli hanno ormai consolidato il loro indirizzo restrittivo, mentre quello di Roma invece ha ritenuto preferibile mitigare il presupposto carattere limitativo della norma ed ha ritenuto, con la pronuncia n. 4208 del 3 luglio 2014, di interpretare la disposizione “come prescrittiva di un obbligo di preventiva richiesta all’amministratore condominiale …, ma non come preclusiva del diritto del singolo condomino di richiederla ed ottenerla direttamente dall’intermediario in caso di inadempienza dell’amministratore”.

Ordunque, da quanto fin qui esposto non può revocarsi in dubbio che il dibattito sia suggestivo e che, per la sua definitiva soluzione non ci si possa esimere dal concludere con l’analisi del duplice ordine di interessi alla tutela dei quali era in animo del legislatore rivolgere la norma.

Il primo di essi, quale espressamente dichiarato, è l’interesse alla trasparenza nella gestione condominiale, il cui correlato diritto viene attuato mediante la fissazione del diritto alla copia della documentazione, e l’accettazione dell’inevitabile sacrificio dei qui minori rilievi di privacy; il secondo deve essere identificato con l’interesse dell’amministratore ad esser fatto destinatario di una disciplina chiara, esaustiva e tassativa che determini con precisione le obbligazioni delle quali egli è gravato, ed a tal fine la norma fu edita anticipandone financo il contenuto nel titolo.

Da ultimo, posto che l’Ordinamento non attribuisce all’Arbitro il potere di comprimere od attenuare il diritto fissato dal legislatore, ne deriva che l’interposizione della preventiva richiesta o, addirittura, la negazione del diritto all’accesso diretto, attuati mediante un obiter dictum, si risolve in una indebita attenuazione e compressione del diritto al controllo della gestione comune che, come esplicitato, costituisce la ragione prima del principio di trasparenza al quale la riforma è stata improntata. Oltre a ciò, l’indebita interposizione di imprevisti ostacoli all’esercizio del diritto mediante il reinserimento del diaframma rappresentato dall’amministratore, sia in via preventiva che esclusiva, si risolve sostanzialmente in un inaspettato concorso all’attività ostativa eventualmente posta in essere dall’amministratore stesso ove la ragione che muove il condomino al controllo fosse fondata ed effettiva; infatti, la reiezione dell’istanza diretta avrebbe come primo effetto proprio quello di tardare, o addirittura impedire, la verifica da parte dell’avente diritto, con ciò prestando indebito concorso all’attività del mandatario infedele. In tale ottica, le richiamate pronunce non solo appaiono non conformi al diritto, ma financo svianti dell’interesse pubblico sotteso alla tutela dei diritti dei condomini/mandanti per i quali, invece, il legislatore pare abbia inteso approntare garanzie di verifica e controllo prima inesistenti. In tale ottica, ancor più inadeguata risulta la soluzione proposta dall’ABF in seguito all’entrata in vigore della novella, poiché non può ammettersi che la nuova norma sia stata destinata a comprimere un diritto che, prima dell’introduzione del settimo comma dell’art. 1129 c.c., riceveva maggior tutela proprio dai medesimi Arbitri che ora, invece, hanno mutato segno.

Ditalché, pare allo scrivente, che si debba concludere per l’interpretazione che ammette la legittimità della richiesta diretta, e che esclude anche l’obbligo della preventiva istanza rivolta all’amministratore; tale soluzione appare non solo più conforme alla tutela di detti interessi, ma anche sistematicamente coerente sia con la collocazione della disposizione nel combinato disposto che tassativamente elenca le obbligazioni gravanti sull’amministratore in virtù del contratto di mandato, sia con l’esigenza di tutela della trasparenza che, in difetto, sarebbe gravemente limitata dall’obbligo della preventiva istanza, o addirittura esclusa, se invece si ammettesse il solo diritto di accesso mediato.

1 Decisioni: Milano 19 aprile 2011, n. 814; Napoli 17 aprile 2012, n. 1154, Milano del 15 ottobre 2012, n. 3259, Milano del 6 marzo 2013, n. 1282, Milano 27 giugno 2013, n. 3478.

2 Decisioni: Milano 22 gennaio 2014, n. 400, Napoli 25 marzo 2014, n. 1797, Milano del 30 luglio 2014, n. 4947, Milano 24 settembre 2014, n. 6193.

3 Ex plurimis, Cass. n. 7300/2010, Cass. n. 1011/2010, Cass. n. 3900/2012, Cass. n. 4991/2012.