L’incendio negli edifici, profili civilistici.

Relazione dell’Avv. Mauro Manassero nell’evento formativo della Camera Civile del Piemonte e della Valle d’Aosta del 13.12.2021 dal titolo:

L’incendio: profili penalistici, civilistici ed assicurativi.”

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INCENDIO: profili civilistici.

Nel c.c. l’incendio è nominato solamente in tre articoli (1588 perdita e deterioramento della cosa locata – 1611 incendio di casa abitata da più inquilini – 1589 incendio di cosa assicurata) di quest’ultima norma non mi occuperò rientrando nell’argomento della successiva relazione dell’avv. M.C.

esclusa la norma contenuta nell’art. 1589, sotto l’aspetto civilistico l’incendio è, quindi, espressamente disciplinato dal codice solamente quando coinvolga un immobile condotto in locazione o quando si tratti di “cosa” locata .. si tratta quindi della disciplina che discende dalla sussistenza del rapporto contrattuale della locazione

Inoltre, l’argomento rientra, ovviamente, nell’alveo delle previsioni codicistiche di cui all’art. 2043 e seguenti per i risvolti risarcitori del danno procurato dall’incendio a beni appartenenti a soggetti terzi

Non potendo, in questa sede trattare tutte le ipotesi, limiterò la mia trattazione all’incendio in ambito condominiale ed all’incendio dell’immobile locato, lasciando alla libera iniziativa di ciascuno di Voi per gli approfondimenti relativi alle altre ipotesi (incendio provocato dall’incapace – 2047 – dal minore 2048 – dal lavoratore dipendente 2049 – per le attività pericolose 2050 – dalla circolazione di veicoli 2054) mentre per quanto concerne la previsione di cui all’art. 2051, responsabilità per le cose in custodia, rientrerà nella relazione essendo riferibile alla responsabilità dell’amministratore del condominio

Iniziando, quindi, dall’incendio nel condominio:

occorre distinguere se esso si sia propagato da una delle parti comuni dell’edificio e, quindi, ad esempio dall’impianto elettrico o dall’impianto del riscaldamento comune, o se esso sia scaturito da un abitazione privata

Nel primo caso, ove sia accertato che l’evento è scaturito a causa di mancate manutenzioni, mancati adeguamenti degli impianti alle norme di legge e, quindi, al di fuori ed oltre l’ipotesi della sussistenza del “caso fortuito”, che rappresenta l’unica causa di esclusione della responsabilità per le cose in custodia, l’amministratore del Condominio sarà ritenuto responsabile dei danni derivati dall’evento.

Egli potrà andar esente da responsabilità solamente offrendo la prova della sussistenza del caso fortuito, che consiste nella dimostrazione che il fattore determinante l’insorgere dell’incendio, nel caso del Condominio, ha avuto origine in parti, strutture o apparati sottratti alla sua disponibilità ed al suo controllo e, quindi, estranei alla sfera dei suoi poteri e doveri di vigilanza.

Quindi, l’amministratore del Condominio è responsabile, civilmente e penalmente, delle conseguenze derivate dall’incendio delle parti comuni sulla base della previsione dell’art. 2051 per la responsabilità delle cose in custodia in quanto egli, ai sensi dell’art. 1130 n. 4 cod civ. (obbligo di compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio) ed in base all’art. 40 c.p. secondo comma (Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo) poiché egli è responsabile per l’attività di controllo che su di lui grava in virtù del rapporto di mandato d’amministrazione che rende legittima la pretesa dai condomini avente ad oggetto la custodia dei beni comuni; in tal caso, mi correggano i penalisti, si versa nell’ipotesi del reato omissivo improprio, o commissivo mediante omissione.

Tale condotta acquisisce, dunque, rilevanza causale poiché deriva dall’assunzione volontaria dell’obbligo di custodia al quale l’amministratore si sottopone in virtù della sua attività professionale e del mandato ricevuto per via contrattuale.

Corollario di quanto detto fino ad ora, è il principio per il quale il Condominio, ed il suo amministratore, non possono esser tenuti responsabili quando l’incendio si sia propagato da una parte privata e non da un parte comune, così come deciso ad esempio dal

Tribunale – Roma, 05/11/2001,

Il condominio non è responsabile dei danni causati a terzi da un incendio che, pur avendo coinvolto il fabbricato condominiale, si sia sviluppato all’interno di una porzione di proprietà esclusiva.

In tal caso, la responsabilità risarcitoria graverà sul proprietario dell’unità dalla quale si è propagato l’incendio con riguardo ai danni derivati alle unità private limitrofe coinvolte nell’evento ed alle parti comuni dell’edificio.

A tal proposito, ritengo opportuno rassegnarvi un breve corredo giurisprudenziale riguardo ad alcune pronunce che ho reperito e che mi paiono interessanti.

Ovviamente, molte saranno sentenze penali ma vorrete perdonarmi perché ciò è determinato non dalla mia volontà di “sconfinare” dalle mie competenze, ma perché l’argomento è stato trattato in massima parte dai giudici penali nelle sentenze dei quali si reperiscono spunti d’interesse civilistico.

In primo luogo la Sentenza Cass. Civ. n. 39959/09 della quale sono state pubblicate più massime, tre delle quali mi paiono interessanti perché confermano quanto fino ad ora vi ho detto

Cass. pen., Sez. IV, 23/09/2009, n. 39959

La responsabilità penale dell’amministratore di condominio (nella specie in considerazione per l’incendio causato dal malfunzionamento di una canna fumaria) ha natura omissiva, traendo origine dalla violazione dell’obbligo di compiere tutti gli atti idonei a tutelare i diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, ne discende che l’accertamento in concreto della colpevolezza di tale soggetto postula sia l’individuazione precisa del comportamento in concreto esigibile in relazione alla sua posizione di garanzia, che la sussistenza del nesso causale tra l’omissione e l’evento lesivo.

L’amministratore di un condominio è titolare di garanzia quanto alla conservazione delle parti comuni dell’edificio condominiale, giusta l′inequivoco disposto dell’art. 1130 n. 4, del codice civile, onde, laddove non si attivi, può ravvisarsi la sua responsabilità ex art. 40, comma 2, del c.p., che stabilisce che “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo” con la precisazione che l’obbligo di attivarsi a carico dell′amministratore non deriva da alcuna specifica autorizzazione dei condomini, giacché l’art. 1130 n. 4, del codice civile gli pone come dovere proprio del suo ufficio quello di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, prescindendo, anzi, dal fatto che si tratti di atti cautelativi e urgenti e prescindendo, altresì, dal fatto che la situazione di pericolo derivi dai beni di terzi e non sia di pertinenza del condominio. (Nella specie, trattatasi di un percolo di incendio riconducibile al difetto di installazione di una canna fumaria non appartenente al condominio, bensì a terzi).

Sussiste una responsabilità penale in capo all’amministratore di condominio nel caso di danni allo stabile da lui gestito solo se risulta giustificata e processualmente certa la conclusione che la sua condotta omissiva è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica (in applicazione del suesposto principio, la Corte ha annullato un verdetto di condanna che riteneva responsabile anche un amministratore di condominio, a titolo di concorso colposo, dell’incendio scoppiato nell’edificio e causato dalla difettosa installazione della canna fumaria della pizzeria attigua al palazzo).

Tornando all’obbligo di custodia delle parti comuni, occorre specificare che esso non è limitato alle condizioni materiali ed agli eventi fattuali dai quali potrebbe propagarsi l’incendio, ma si estende anche alle attività che potremmo definire “d’ufficio” .. esempio di questo principio si reperisce nella sentenza

Cass. pen., Sez. IV, 30/06/2017, n. 43500

L’amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell’interesse del Condominio è tenuto, quale committente, all’osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale dell’impresa appaltatrice essendo titolare di un obbligo di garanzia, quanto alla conservazione e manutenzione delle parti comuni dell’edificio condominiale, ai sensi dell’art. 1130 cod. civ. Non rileva pertanto, nel caso di specie, che l’incendio si sia sviluppato su una parte comune dell’edificio condominiale ovvero su un bene appartenente al singolo condomino, accessibile dalla parte comune. Egli, ben consapevole che i lavori da eseguire comportavano l’utilizzo di materiale infiammabile, avrebbe dovuto attivarsi a tutela delle parti comuni esposte a pericolo, assicurandosi della capacità della persona incaricata: la sua colpevole inerzia ebbe perciò un ruolo causalmente incidente sulla produzione dell’evento.

Ovviamente la responsabilità dell’amministratore del Condominio sarà definitivamente esclusa quando il comportamento dei singoli condomini abbia influito, con funzione causale ed esclusiva, sull’accadimento dell’evento pernicioso e, a tal proposito, mi pare degna di rilievo la pronuncia del

Tribunale – Teramo, 26/01/2017, n. 48

La condotta colposa dei danneggiati (sostanziatasi nel mancato rispetto, pur essendovi tenuti in relazione alle porzioni di loro esclusiva pertinenza, della normativa sulla prevenzione degli incendi e, dunque, nella mancata predisposizione ed adozione di tutti i dispositivi all’uopo prescritti e che, ove esistenti, avrebbero con ogni probabilità, avuto riguardo in particolare alla porta tagliafuoco -notoriamente deputata, tra l’altro, a ridurre la diffusione di fiamme e fumo tra compartimenti di un edificio – impedito l’infiltrarsi delle propagazioni di fumo rilasciate dall’incendio) appare idonea ad elidere qualsiasi preteso profilo di responsabilità custodiale dell’amministratore di condominio in proprio, ponendosi quale fattore causale idoneo di per sé solo a rilevare quale causa dell’eventus damni dedotto.

Con riguardo, infine, al riparto dell’onere probatorio, occorre rilevare che

Tribunale sez. XII – Roma, 14/01/2016, n. 694

In tema di responsabilità da cosa in custodia (art. 2051 c.c.), seppure la ripartizione dell’onere della prova sia particolarmente agevole per il danneggiato, quest’ultimo deve comunque dimostrare il fatto storico (comprensivo della qualità di custode del bene foriero di danno in capo al convenuto) ed il nesso causale tra il pregiudizio subito e l’evento dedotto; resta, invece, a carico del custode la dimostrazione della sussistenza del caso fortuito volto ad interrompere il nesso causale tra il danno e l’evento, così da renderlo esente da responsabilità. (Fattispecie relativa ad un incendio scoppiato in un condominio, in cui è stata esclusa la responsabilità ex art. 2051 c.c. a fronte della mancata dimostrazione che il fatto avesse avuto origine nelle parti del bene oggetto dell’onere di custodia e manutenzione da parte del condominio).

E con riferimento al momento processuale della deduzione della prova relativa al fatto del terzo che interrompa il nesso causale, Vi segnalo la sentenza

Cass. civ., Sez. III, 23/06/2016, n. 13005

In materia di responsabilità da cose in custodia, la sussistenza del caso fortuito (nella specie, incendio di cassonetto dolosamente provocato dal terzo), idoneo ad interrompere il nesso causale, forma oggetto di un onere probatorio che grava sul custode, soggiacendo, pertanto, alle relative preclusioni istruttorie, ma non anche di un’eccezione in senso stretto, sicché la relativa deduzione non incorre nella preclusione fissata, per il primo grado, dall’art. 167, comma 2, c.p.c. (comparsa di costituzione risposta) (Rigetta, App. Genova, 13/03/2012)

Per definitivamente concludere con riguardo alla responsabilità dell’amministratore e dell’obbligo di custodia sul medesimo gravante, vi segnalo una sentenza di legittimità che parrebbe, tuttavia, affermare il contrario di quanto fino ad ora vi ho detto …. ma non è così !

si tratta di

Cassazione penale sez. III – 29/11/2011, n. 886

Nell’ipotesi in cui la Corte di cassazione riscontri, unitamente alla causa estintiva della prescrizione del reato, un vizio di motivazione della sentenza di condanna impugnata, deve annullarla senza rinvio ai fini penali e, ove la sentenza contenga la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, annullarne anche le statuizioni civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello (fattispecie relativa all’impugnazione della sentenza di condanna emessa nei confronti di un amministratore di condominio per non aver impedito il propagarsi di un incendio, nonostante gli fosse stata consegnata un perizia tecnica in cui si dava atto che i lavori per la realizzazione di una canna fumaria, in una pizzeria adiacente all’immobile condominiale erano stati eseguiti in modo difforme dal progetto iniziale, risultando tale canna fumaria quasi completamente sprovvista di qualsiasi limitazione del calore prodotto, e che vi era conseguente possibilità di incendio).

Infatti, avendo avuto l’amministratore la perizia che accertava l’insufficienza del sistema di coibentazione della canna fumaria, è sorto in lui l’obbligo di custodia e di protezione delle parti comuni che avrebbero potuto esser danneggiate in conseguenza dell’incendio. Parrebbe trattarsi di un’interpretazione particolarmente estensiva dell’obbligo di custodia, ma in realtà così non è anche in considerazione della previsione del secondo comma dell’art. 40 c.p. già prima visto, per il quale (Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo).

Nel caso poi, della sussistenza di più concause concorrenti alla propagazione dell’incendio, ognuna di esse concorrerà alla determinazione dei soggetti tenuti responsabili al risarcimento, così come affermato in

Cass. civ., Sez. III, 26/10/2017, n. 25422

In tema di responsabilità civile per danni provocati da incendio, nella produzione dell’evento dannoso assumono concorrente rilevanza tutte le cause che abbiano determinato la diffusività e la propagazione del fuoco, e non soltanto i fattori che ne abbiano cagionato l’innesco. (Nella specie, la S.C., confermando la decisione di merito, ha ritenuto fattori concorrenti nella causazione di un incendio l’erronea installazione di un contatore di elettricità, tale da provocare un cortocircuito, e l’accumulo, nelle vicinanze dello stesso, di materiale facilmente infiammabile). (Rigetta, CORTE D’APPELLO CAMPOBASSO, 08/04/2014)

Se l’incendio in ambito condominiale si propaga, invece, da un appartamento privato a quelli limitrofi ed alle parti comuni del Condominio, il regime della responsabilità sarà l’ordinario previsto dall’art. 2043 c.c., qualora derivi dagli impianti privati dell’alloggio o da altra causa ad esso interna (corto circuito dell’impianto elettrico a servizio dell’abitazione privata, una candela lasciata accesa, o la sigaretta sul tappeto …) e dalle successive norme che interverranno se l’evento sarà stato cagionato da un minore, da un dipendente, da un incapace,

sempre che non sia ravvisabile la concorrente responsabilità dell’amministratore con riguardo al suo dovere di accertarsi che dalle opere eseguite nell’ambiente esclusivo non possa derivare danno alle parti comuni del Condominio, responsabilità già prima vista.

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Nella locazione

(1588 perdita e deterioramento della cosa locata

1611 incendio di casa abitata da più inquilini)

Propagazione da impianti dell’unità locata:

Ai sensi dell’art. 1588 del codice civile, il conduttore (inquilino) è responsabile nei riguardi del locatore (proprietario) dei danni causati dall’incendio dell’immobile locato, anche se esso è stato causato da soggetti terzi che egli abbia ammesso all’uso e/o al godimento della casa anche temporaneamente.

La norma non pone, dunque, particolari difficoltà interpretative.

Ritengo, allora, opportuno rassegnarvi, anche in questo caso, un breve corredo giurisprudenziale dal quale sarà possibile trarre spunti di riflessione.

In primo luogo, occorre chiarire che la responsabilità del conduttore si fonda su una presunzione semplice, art. 2729 cod civ., che potrà essere superata, ai sensi dell’art. 2697, mediante la prova contraria in applicazione del regime dell’onere della prova.

A tal proposito, una recentissima sentenza della Cassazione, la … ha stabilito che

Cassazione civile sez. VI – 10/03/2021, n. 6550

In ipotesi di incendio della cosa locata, il conduttore risponde della perdita o deterioramento del bene, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, ponendo l’articolo 1588 del codice civile a suo carico una presunzione di colpa, superabile solo con la dimostrazione di avere adempiuto diligentemente i propri obblighi di custodia e con la prova positiva che il fatto da cui sia derivato il danno o il perimento della cosa è addebitabile a una causa esterna al conduttore a lui non imputabile, da individuarsi in concreto, ovvero al fatto di un terzo, del quale è invece irrilevante accertare l’identità, esulando l’identificazione di tale soggetto dall’attività oggetto della prova liberatoria.

(principio già contenuto in Cassazione civile sez. III – 10/08/2016, n. 16877; Cassazione civile sez. III – 15/12/2015, n. 25221; Cassazione civile sez. III – 27/07/2015, n. 15721;

né rileva se il terzo abbia agito con colpa o con dolo, Cass. Civ. sez. VI – 28/09/2015, n. 19126)

Il principio della presunzione semplice circa la responsabilità del conduttore conduce all’ulteriore corollario per il quale, nell’ipotesi in cui la causa dell’incendio rimanga sconosciuta, egli sarà tenuto patrimonialmente responsabile per i danni arrecati in attuazione della presunzione or ora vista.

Il principio è stato recentemente confermato nella pronuncia

Cassazione civile sez. III – 26/09/2018, n. 22823

L’art. 1588 c.c., in base al quale il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, pone una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell’evento, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui imputabile, onde, in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in un caso di allagamento di un immobile, aveva ritenuto integrata la prova liberatoria da parte del conduttore, a fronte della mera allegazione della verosimile rottura di un flessibile di un sanitario del bagno, la quale era però rimasta indimostrata all’esito della disposta consulenza tecnica d’ufficio).

Ultimo corollario del principio in esame è quello per il quale il proprietario, che abbia subito i danni all’abitazione locata derivati dall’incendio procurato dal comportamento di un soggetto terzo che il conduttore abbia ammesso all’uso e/o al godimento anche solo temporaneo (ospite), avrà azione solo ed esclusivamente nei confronti del suo conduttore e non nei confronti dell’ospite, verso il quale sarà il conduttore che dovrà rivalersi ed invocarne la responsabilità con la richiesta di autorizzazione alla chiamata del terzo in causa.

Il principio è confermato in

Cassazione civile sez. III – 14/10/2019, n. 25779

E’ responsabile il conduttore per l’incendio della cosa locata, anche se causato da persone che egli ha ammesso temporaneamente all’uso o al godimento del bene.

È dunque da escludersi che l’occupante dell’immobile cui il conduttore abbia concesso l’uso momentaneo o anche continuativo della cosa locata possa rispondere nei confronti del locatore, se la cosa subisce un incendio, ai sensi dell’art. 2051 c.c., posto che tale norma attiene esclusivamente ai danni causati dalla cosa ai terzi, e non già a quelli che il conduttore causa alla cosa stessa. Ciò detto, e posto che alla fattispecie è riferibile, per contro, l’art. 1588 , si applica chiaramente il comma 2 di tale norma, che rende il conduttore responsabile (nei riguardi del locatore) dell’incendio della cosa locata, anche se causato da persone che egli abbia ammesso, anche temporaneamente, all’uso o al godimento della cosa.

Con riguardo alla previsione di cui all’art. 1611 (Incendio di casa abitata da più inquilini, ho reperito solamente due sentenze, una CdA Bologna del 1980, ed una Trib Parma del 1957 e do lettura delle due massime:

App. Bologna, 29/04/1980

In tema di ripartizione del risarcimento dei danni causati da incendio tra più locatari, pur se ad un primo esame il testo dell’art. 1611 c. c. sembrerebbe doversi interpretare nel senso che gli inquilini rispondono del danno in rapporto non a quello verificatosi nella parte rispettivamente goduta, bensì al valore della totalità della parte medesima (anche se solo parzialmente danneggiata), ove si tenga presente che la norma citata si ricollega al disposto dell’art. 1588 c. c. in tema di responsabilità per perdita o deterioramento della cosa locata (al punto che è stata ritenuta una superflua enunciazione di un principio già discendente da quest’ultima disposizione), è però logica la contraria interpretazione, secondo cui ciascun conduttore risponde in proporzione del danno che, ai sensi del cit. art. 1588 c. c., si presume abbia arrecato alla porzione locata, e non invece in base al valore della porzione stessa (comprensivo anche della parte rimasta indenne, che sul danno non incide); tale ultimo criterio distintivo avrebbe ragione di essere, considerato naturalmente nel rapporto interno tra condebitori, solo ove la responsabilità fosse solidale.

Trib. Parma, 10/12/1957

La responsabilità concorrente degli inquilini verso il locatore, ai sensi dell’art. 1611 c.c., può essere esclusa se si prova che l’incendio è cominciato dall’abitazione di uno degli inquilini; del pari ciascuno degli inquilini può liberarsi da detta responsabilità dimostrando che l’incendio non ha potuto cominciare nella sua abitazione; irrilevante è, invece, la prova che uno degli inquilini era assente.