Molti sciatori sono a conoscenza delle norme comportamentali che sono previste negli art. da 8 a 19 della L. n. 363/03. Tuttavia, non molti sono quelli che conoscono della loro origine e questo articolo ha lo scopo di ripercorrere la storia delle regole a far data dalla loro prima ipotesi e per giungere fino alle attuali previsioni normative. Infatti, in alcune edizioni esse erano corredate di estese spiegazioni per la loro interpretazione; mentre le attuali norme di legge, come tali, sono sintetiche. Gli originari chiarimenti, però, sono ancora utili al fine di consentire la corretta interpretazione da parte dei soggetti che devono curarne il rispetto e, quindi, dei Giudici, dei maestri di sci, dei responsabili degli sci club, e di tutti coloro che desiderano praticare lo sci con coscienza.
Le attuali norme traggono origine dal “Decalogo dello sciatore” che è assai diffuso e che è stato pubblicato in numerosissimi siti.
La prima stesura del Decalogo fu su iniziativa della sezione di La Spezia del Panathlon International, associazione con finalità etiche e culturali che si propone di diffondere i valori dello sport, e fu adottato nel settembre 1963 e proposto a 16 stazioni sciistiche delle Alpi. Si trattò quindi di un diritto “che nasce dal basso”, nel senso che, anziché essere imposto da un organo legislativo al fine di disciplinare un aspetto della vita sociale, fu il prodotto di una spontanea autoregolamentazione resa necessaria dalla crescente diffusione della pratica sportiva.
Tale iniziale stesura fu approvata nell’aprile del ’67 dal comitato giuridico della FIS riunito a Parigi, e poi adottato, il 19 maggio dello stesso anno, dall’assemblea generale FIS di Beirut.
Il decalogo iniziale fu aggiornato nel Congresso di Famagosta del ’73, integrato nel 1990 e, infine, la stesura definitiva intervenne al congresso di Portorose nel 2002.
Nel 2003, il nostro legislatore ha adottato molte di queste regole nella compilazione degli articoli da 8 a 19 della L.363 ma, come sopra ho detto, la FIS era andata oltre, ed aveva provveduto alla redazione dei chiarimenti necessari per correttamente interpretare le regole del decalogo.
Quindi, in questa sede, appare opportuno integrare la conoscenza delle norme di legge con i chiarimenti delle regole FIS che furono edite a Famagosta nel 1973.
La prima regola (“regola 0”) stabilisce che la pratica dello sci comporta l’assunzione di rischi e di responsabilità, sia civili che penali, che possono essere escluse solo nell’ipotesi che lo sportivo rispetti le regole comportamentali. La regola n. 1, fissa l’importantissimo, ma spesso dimenticato, principio per il quale ogni sciatore deve avere rispetto degli altri e deve, quindi, comportarsi in modo da non essere fonte di pericolo. Le regola n. 2, stabilisce che ogni sciatore deve tenere una velocità ed un comportamento adeguati alla propria capacità ed alle condizioni generali della pista. Inoltre, nelle note del 1973, gli estensori specificarono che su una pista ripida (nera, rossa) è normale che vi siano buoni sciatori e che le velocità siano generalmente alte; mentre è normale che su una pista facile (verde, blu) si incontrino sciatori alle prime armi e, quindi, la velocità deve essere moderata. Particolare interesse suscita, poi, l’ulteriore specificazione che il dovere di prudenza e l’osservanza delle regole diventano categorici per gli sciatori che “creano intralcio alla circolazione procedendo lentamente su una pista veloce, o veloci su una pista lenta”.
Per quanto riguarda la scelta della direzione, regola n. 3, ferma restando la “priorità” dello sciatore che si trova a valle, risulta tuttavia che tale preferenza sia comunque subordinata alle traiettorie ed alle “evoluzioni normalmente prevedibili” poiché se è ben vero che lo sci è uno sport particolarmente adatto per compiere evoluzioni, è altrettanto vero che esse devono essere compiute non già secondo un criterio di assoluta ed illimitata libertà, ma sempre nel rispetto delle regole di condotta, che impongono cautela e prudenza in proporzione al tipo di pista, alla qualità della neve, alla visibilità, all’affollamento.
Per quanto riguarda il sorpasso, regola n. 4, esso va compiuto da qualsiasi parte, destra o sinistra, a monte o a valle, ma deve essere sempre ad una distanza tale da non costituire pericolo per lo sciatore sorpassato.
La regola n. 5 fissa il comportamento da tenere negli incroci e al momento delle ripartenze; infatti, è necessario che chi si immette o riparte verifichi sempre di non intralciare il percorso di altri sciatori che provengano da monte.
Particolare riguardo è dedicato alle soste, poiché la regola n. 6 dice chiaramente che lo sciatore “deve evitare di fermarsi, se non in caso di assoluta necessità, sulle piste e in specie nei passaggi obbligati o senza visibilità” e, in caso di caduta, “deve sgomberare la pista al più presto possibile”; infatti, il trattenersi in sosta su una pista crea una situazione di intralcio alla circolazione. Quindi, la sosta deve essere effettuata a bordo pista, e non certo nel centro, o sotto un cambio di pendenza. Assai importante è l’ultimo paragrafo, ove è stabilito che, sul piano giuridico, la sosta rappresenta un fatto imprevedibile se effettuata in punti ove la visibilità è ridotta o compromessa (curve, dossi, cambi di pendenza) poiché le stesse traiettorie dello sciatore che giunga da monte, benché nel rispetto delle regole, potrebbero costituire fonte di pericolo per lo sciatore che si sia fermato ove non si deve.
Le successive regole, la n. 7 e la n. 8, riguardano la risalita delle piste, vietata dall’art. 15 della L. 363 (fatta salva l’ipotesi che sia espressamente autorizzata dal gestore degli impianti) ed il rispetto della segnaletica; non rivestono quindi elementi tali da richiedere un’analisi specifica.
Mentre assai importanti sono le ultime due, la n. 9 e la n. 10, perché riguardano il caso di incidenti. Ordunque, la prima stabilisce un generale obbligo di prestare aiuto agli infortunati, trasposto nell’art. 14 della L. 363, che punisce gravemente l’omissione di soccorso; la seconda fissa l’obbligo di identificazione di chi è coinvolto in un sinistro o di chi ne sia testimone. Infatti, nella nota a chiarimento, l’estensore fu assai esplicito nello stabilire che la relazione dei testimoni è di grande importanza per l’accertamento delle responsabilità, e che risponde ad un dovere, civile e morale di persona cosciente dei propri doveri, quello di rendersi disponibile per descrivere l’evento al quale si è assistito.
Terminata l’analisi dei chiarimenti FIS, risulta che, in effetti, non vi sia principio che non risponda ad un generale buon senso, e che le regole corrispondano, né più e né meno, a ciò che ci si aspetterebbe da una persona cosciente e consapevole. Tuttavia, coloro che frequentano assiduamente le piste sono consci che, ormai, ci si imbatte sempre più spesso in comportamenti che lasciano seriamente dubitare delle capacità intellettive di coloro che li tengono; penso ad improvvisati insegnanti familiari che portano piccoli bambini su piste nere, o che snodano serpentoni, formati da due o tre figli e dalla moglie, attraversando la pista da un bordo all’altro, senza curarsi minimamente del pericolo che con tale comportamento determinano prima ancora per i propri cari che per gli altri sciatori. O ancora, alle file di sciatori e snowborder che sostano, come passeri sul cavo elettrico, subito sotto un cambio di pendenza, o dietro una curva. Purtroppo son proprio questi comportamenti, contrari sia alla legge che alle regole FIS, che nella maggior parte dei casi causano infortuni e che impegnano i Tribunali per anni.
Quindi, ben venga il corretto accertamento delle responsabilità quando vi sia un infortunio, ma sarebbe ancor meglio se, rispettando tutti le regole, quello sciatore non si fosse fatto male, ed avesse felicemente concluso una bella giornata di sci.